Le vite sospese delle prof “deportate” della Tuscia

“Precari di ruolo”, li ha definiti così la segretaria territoriale della Uil scuola Viterbo, Silvia Somigli. “Docenti – ha poi aggiunto – che hanno subito una vera e propria ‘deportazione’”.

Video: Le storie delle docenti “deportate” della Tuscia

Si tratta di insegnati assunti in ruolo grazie alla riforma della “buona scuola” dopo anni di precariato e poi presi e spostati da una parte all’altra del Paese. A centinaia di chilometri di distanza da casa. Da due anni. Così, di punto in bianco.

Sono spesso 40/60enni. Al punto da dover scegliere tra lavoro e famiglia oppure a fare richieste di congedo o aspettativa senza retribuzione perché per molti è impossibile trasferirsi con la famiglia nelle scuole indicate dal Ministero. A Viterbo sono almeno una ventina. Un centinaio in tutto il Lazio. Oltre 15mila in tutta Italia.

Manco fosse un dispetto. Bene che vada, la cattiva sorte che si abbatte sempre sugli ultimi.

“Docenti ‘immobilizzati’”, li chiama invece Marcella Brancaforte. Lei ha casa e famiglia a Tuscania. Dopo un anno di assegnazione all’istituto superiore Francesco Orioli, è stata spostata a Tivoli. Più di 130 chilometri di distanza che è impossibile fare da pendolare senza impazzire. Ha dovuto prendere in affitto un posto dove dormire e aspettare il fine settimana per far ritorno a casa.

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